Danno terminale: risarcimento escluso se morte segue dopo breve tempo

Danno terminale: risarcimento escluso se morte segue dopo breve tempo

Cassazione civile , sez. III, sentenza 05.12.2014 n° 25731 (Michele Iaselli)

La Suprema Corte con la sentenza in esame ribadisce alcuni principi fondamentali in tema di risarcimento di danni morali e patrimoniali derivanti da sinistri stradali.

In primo luogo la Corte di Cassazione afferma che, in tema di sinistri stradali, l’accertamento in termini percentuali del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno costituisce il frutto di un procedimento logico e non matematico, e, come tale, insuscettibile di giustificazione analitica. Ne consegue che colui il quale si dolga del relativo accertamento compiuto dal giudice di merito non può limitarsi ad invocare che la corresponsabilità della vittima fosse in realtà maggiore o minore di quella accertata, ma ha l’onere di dedurre il vizio di motivazione, sotto forma di contraddittorietà tra l’espressione percentuale del concorso di colpa e le osservazioni logiche che la sorreggono (Cass., 24 marzo 2011, n. 6752).

Inoltre, la stessa Corte di Cassazione, coglie l’occasione per ribadire che, in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, quando all’estrema gravità delle lesioni, segua, dopo un intervallo temporale brevissimo, la morte, non può essere risarcito agli eredi il danno biologico “terminale” connesso alla perdita della vita della vittima, come massima espressione del bene salute, ma esclusivamente il danno morale, dal primo ontologicamente distinto, fondato sull’intensa sofferenza d’animo conseguente alla consapevolezza delle condizioni cliniche seguite al sinistro (Cass., 28 novembre 2008, n. 28423; Cass., 7 giugno 2010, n. 13672; Cass., 20 settembre 2011, n. 19133).

Di conseguenza, nel caso di specie, risultano inconsistenti le critiche dei ricorrenti sulla mancata valutazione di documenti versati in atti, in quanto i fatti che con questi si assumono provati (lasso temporale tra sinistro e decesso: due ore invece che venti minuti; aspettativa di vita) sono tutt’altro che decisivi, non potendo condurre ad una decisione diversa da quella assunta dal giudice di merito. Invero, la stessa considerazione del danno biologico temporaneo – siccome limitato al brevissimo intervallo di lucida agonia – appare, nella specie, eccentrico rispetto al principio di diritto sopra richiamato, sebbene, comunque, di tale statuizione non si dolgano gli originari convenuti con apposito e rituale ricorso incidentale.

Inoltre, la Suprema Corte esclude che, nel caso di specie, possa rilevare il richiamo alla più recente Cass. n. 1361 del 2014, giacché la ricostruzione da essa sostenuta si fonda sulla diversità ontologica tra danno biologico e danno da perdita della vita, con la conseguenza che i ricorrenti avrebbero dovuto anzitutto allegare, e comprovare, di aver richiesto sin dal primo grado e, poi, ribadito in appello, quest’ultima tipologia di danno e non già soltanto la prima e ciò per non incorrere in una inammissibile proposizione di domanda nuova; allegazione e riscontro che, tuttavia, non sono stati forniti.

In tema, poi, di valutazione del danno patrimoniale, la Corte di Cassazione nel ritenere che la Corte d’Appello abbia correttamente considerato in iure l’effettivo apporto economico della defunta alla propria famiglia, attraverso non già la produzione di un reddito esterno, ma tramite la “collaborazione nella coltivazione ad uso domestico” del fondo di proprietà, in relazione all’anzidetta aspettativa di vita lavorativa, si pone in linea con il proprio costante orientamento che, nell’ambito del tema in esame, attribuisce rilievo particolarmente significativo alla dimostrazione che la vittima contribuiva stabilmente ai bisogni familiari o che, in futuro, i familiari avrebbero verosimilmente e probabilmente avuto bisogno delle sovvenzioni della vittima medesima (in tale prospettiva, tra le altre, Cass., 11 maggio 2012, n. 7272). La liquidazione eminentemente equitativa che ne è seguita, in quanto sorretta da plausibili ragioni giustificative, si sottrae, dunque, al sindacato di legittimità.

Per approfondimenti:

(Altalex, 23 gennaio 2015. Nota di Michele Iaselli)

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